Le Casematte
Fino ad oggi è facile incontrare, sparse nel territorio, delle piccole fortificazioni in cemento armato costruite durante l’ultimo conflitto bellico. Si tratta delle cosiddette “casematte”, realizzate per ospitare pattuglie di soldati che avevano il compito di vigilare le postazioni strategiche a fronteggiare eventuali attacchi delle forze nemiche.
Con la loro forma rotondeggiante e le strette feritoie in cui venivano collocate le mitragliatrici, e grazie al fatto di essere sistemate in punti nevralgici, costituivano l’ideale prima difesa militare del territorio.
La storia delle “casematte” la conoscono tutti in quanto le loro origini risalgono a giorni non lontani e grande è il loro valore storico. Esse appartengono, infatti, ad un capitolo particolare, indimenticabile ed anche tragico della civiltà contemporanea quale la seconda guerra mondiale.
Una buona percentuale, con il passare degli anni, è stata smantellata per lasciare lo spazio a strade o ad edifici di nuova costruzione. Quelle situate in mezzo ai campi sono state abbattute per facilitare l’aratura o guadagnare qualche metro quadrato di terra in più. E’ possibile, comunque, vederne ancora alcune che si ergono solitarie fra il verde delle campagne, risparmiate dalla sensibilità di qualche contadino legato, più degli altri, al passato ed anche al fascino che le “casematte” si portano dietro. Probabilmente saranno ancora segnate su qualche mappa militare degli Angloamericani, che conoscevano molto bene i luoghi in cui venivano erette queste costruzioni, grazie ad una fitta rete di spionaggio realizzata in Sicilia nel periodo 1940/1945.
Le casematte superstiti non vengono più presidiate da soldati o armi. Alcune sono abbandonate, altre, invece, vengono utilizzate ma soltanto da qualche pastore per ricoveri di pecore o come depositi di foraggio. Qualche volta, addirittura, diventano autentiche pattumiere. Solitarie, ammassi di pietre erose dal tempo, si stanno sgretolando lentamente tra l’incuria e l’indifferenza di un presente che, forse, ha dimenticato troppo in fretta.
Le Principali tipologie costruttive delle Fortificazioni:
Postazioni a pozzo
Alcuni esemplari sono stati trovati esclusivamente in Sicilia (Messina, Piazzaforte Augusta-Siracusa), nonostante le circolari emesse nel 1942-43 ne consigliassero l’utilizzo sia per tiri frontali che per il primario fine di risparmiare calcestruzzo: in pratica due postazioni al costo di una! L’insieme è di norma costituito da: un ricovero di piccole dimensioni realizzato in calcestruzzo non armato e scavato nel terreno. Il ricovero comunica, tramite breve trincea o direttamente, con la nicchia di combattimento. Quest’ultima è un pozzetto circolare profondo poco più di un metro, immorsato nel terreno e destinato a uno, massimo due uomini. In alcuni casi questi appostamenti vennero dotati di soletta in cemento e trasformati in minibunker con grado di protezione minimo.
Trincee blindate
Sono realizzate in calcestruzzo non armato. Possono o meno essere dotate di soletta antischeggia in cemento. Tra Donnalucata e Marina di Ragusa se ne conserva un buon tratto, lungo lo sviluppo si trovano apposite nicchie con feritoia per ospitare i tiratori. Ma la maggior parte di trincee e camminamenti, trattandosi spesso di modesti scavi in terra, sono oggi scomparse.
Fortini circolari a feritoie multiple (postazioni monoarma)
Si tratta di appostamenti approvati dall’ ispettorato del Genio e costruito in maggior numero di esemplari, tanto da aver attirato ultimamente l’attenzione di modellisti militari. Sarà infatti capitato a tutti di incontrare su qualche spiaggia questi panettoni cupoliformi di cemento con cinque, sei feritoie in grado di difendersi sui 360 gradi. Gli spessori del calcestruzzo alla feritoia variano da sessanta centimetri (protezione alle schegge) a circa un metro e cinquanta (protezione al medio calibro). La camera di combattimento era generalmente destinata a fucili mitragliatori, raramente a mitragliatrici su treppiede ed eccezionalmente cannoni anticarro. Il ricovero può essere sotterraneo, del tutto assente oppure costruito sullo stesso livello della camera di sparo, soluzione che riduce l’arco di tiro (180 gradi) e numero delle feritoie. Curiosamente le circolari del 1943 arrivarono espressamente a vietare l’utilizzo di detta tipologia, se non su spiagge piatte a causa della vulnerabilità di un perimetro indebolito da tante feritoie e della conseguente difficoltà dì mascheramento. Contro questi detrattori vi fu chi evidenziò i teorici pregi di questa sistemazione: risparmio dì calcestruzzo rispetto alle postazioni pluriarma, ampia ventilazione della camera di sparo durante il tiro. Una curiosità: in Sicilia troviamo rarissimi esemplari su due piani, dove l’inferiore era probabilmente destinato ad armi controcarro. Solo eccezionalmente la muratura delle feritoie venne rinforzata con tondini in ferro o, tipico ripiego nostrano, con code di porco per filo spinato.
Appostamenti blindati per armi anticarro ed automatiche (postazioni pluriarma)
Su espresse e reiterate sollecitazioni degli alti comandi aventi per scopo il risparmio di calcestruzzo e una minor visibilità della postazione, le artiglierie vennero spostate quasi sempre in siti scoperti semi circolari, in terra o calcestruzzo con ricovero attiguo. Ma quando si decise di inserire il pezzo in postazioni blindate i risultati furono interessanti. Si va dal semplice guscio in calcestruzzo alle vere e proprie finte case largamente distribuite sul territorio siciliano ed ancor oggi dotate di tegole e cardini per comunissime imposte.
Queste singolari abitazioni presentavano generose dimensioni e più camere di combattimento per mitragliatrici su treppiede, oltre ad un utilizzo del cemento armato. Lo standard del Regio Esercito impose l’utilizzo del pezzo da 47/32 su affusto campale, incavalcato su appositi basamenti in calcestruzzo. Contrario a queste vere e proprie villette troppo visibili e costose fu ad esempio il Generale Mario Caracciolo, comandante la Quinta Armata, che saggiamente consigliò perlomeno di aggiornare le difese anticarro utilizzando a tale scopo i pezzi da 75/27. Da coeve circolari risulta però come le divisioni costiere continuassero ad attendere sia i 47 mm belgi ed olandesi ceduti dai tedeschi come i patetici 25 mm francesi.
Mimetizzazione delle Opere
In questo campo il genio italico dette davvero ottima prova. I fortini di piccole dimensioni ricevettero ampie chiazzature mimetiche, oppure sovrastrutture leggere ad imitare edifici o ancora reti mimetiche. Si utilizzò con generosità pietra del posto, spesso ammorsata nel getto della copertura..
Meritano attenzione le già citate finte case ad imitazione di c aselli Anas, case coloniche e persino nuraghe. Consigliamo pertanto di osservare con attenzione i vari ruderi che si possono incontrare lungo le strade costiere.